martedì 8 luglio 2008

Equo e solidale


Michelangelo D'Agostino, precedenti come omicida e rapinatore, arrestato nell'83 durante una sparatoria, pentito e principale accusatore di Enzo Tortora, scarcerato e assegnato ad una cooperativa. Due giorni fa ha ucciso un uomo con due colpi di pistola durante una discussione.
Oggi, all'atto dell'arresto ha detto: "Ce lo'ho nel DNA".

Vittorio Cecchi Gori, imprenditore, in carcere dal 3 giugno con l'accusa di bancarotta.

Ora, io non stimo particolarmente Cecchi Gori, però, confrontare queste due notizie mi sembra ridicolo. L'omicida reitera il crimine ed è libero, l'imprenditore sta in carcere, in un luogo che non gli appartiene, in un ambiente così diverso dal suo, come si può vivere in un paese dove la giustizia funziona in questo modo? Il criminale mafioso pluriomicida, pentito, accusa Enzo Tortora, poi rivelatosi completamente estraneo ai fatti e cosa succede? Lo sbattono in cella e buttano la chiave? Macché, libero di circolare ed in licenza premio. Perché?
Queste domande non otterranno mai risposta lo so, ma fanno pensare, pensare ai discorsi di Bossi riguardo i fucili...

3 commenti:

Anonimo ha detto...

su questo sono completamente d'accordo: la giustizia in Italia fa proprio schifo

poi ognuno, vedo che dà la colpa a chi gli sta più sulle scatole ;)

Vegard ha detto...

La colpa a chi? La colpa è della magistratura che usa sempre due pesi e due misure, guarda cosa è successo ieri con Del Turco, è in carcere a Sulmona in isolamento, è un uomo del PD, un ex sindacalista socialista, un mio "nemico". Non mi pare giusto lo stesso. Poi per l'amor di dio (uno a caso) magari è un ladro criminale e quello che vuoi, però diciamocelo, non mi pare il caso.
Tanto rifaranno le elezioni a breve evinceremo noi anche lì.
Probabilmente per fare posto a lui hanno scarcerato due pluriomicidi.

Anonimo ha detto...

secondo me la colpa e' anche di chi fa le leggi: danno troppi diritti a chi delinque e sono troppo garantiste (io sono per l'assoluta certezza della pena: se sei colpevole, dentro fino alla fine della pena, e se le carceri sono affollate, affari loro)